“La nostra vita si sviluppa, scorre, si dipana, ci trascina, la nostra vita è vita attraverso le relazioni. Siamo quello che siamo nelle nostre relazioni, con le nostre relazioni, grazie alle nostre relazioni. Non è l’orologio che misura la durata della vita, e nemmeno il calendario, ma è il susseguirsi di relazioni che ci mettono al mondo, che ci costituiscono, che costituiscono il cammino stesso della vita. Che sono la nostra vita”: così il vescovo Michele ha iniziato la sua riflessione durante la veglia diocesana per la vita che si è tenuta ieri sera, venerdì 5 febbraio, nella chiesa di San Francesco, a Treviso.
Un bel momento di preghiera, curato dall’ufficio diocesano di Pastorale della famiglia e da “Uniti per la vita” Treviso, che ha visto radunate in comunione anche molte persone da casa e tutta la grande rete di Centri di aiuto alla vita e di Movimenti per la vita, grazie alla diretta streaming.
Un’occasione per “pregare insieme e lodare il Signore per il dono della vita e per la chiamata a prendercene cura” è stato ricordato all’inizio della veglia.
Al centro della serata, l’ascolto della Parola di Dio, “che si rivolge a noi attraverso il Vangelo e che risuona nelle pieghe della vita e dell’esperienza umana”, una Parola che venerdì sera è risuonata nel racconto di Linda e Michele che hanno condiviso la loro storia e il loro cammino di coppia e come genitori. Alternati all’ascolto della Parola e alla testimonianza della coppia anche brani del Messaggio dei Vescovi italiani per la Giornata mondiale per la vita, centrato sul rapporto tra libertà e vita.
Il racconto della storia dell’incarnazione e la storia di Linda e Michele sono parsi quasi dialogare tra loro. I due, già genitori di un figlio, alla seconda gravidanza sono stati posti di fronte a una diagnosi impegnativa: il loro bambino era portatore della sindrome di down. I partecipanti hanno potuto ascoltare il racconto a due voci dello shock, del pianto, della paura, delle domande, ma anche del supporto ricevuto dalle loro famiglie, e poi l’incontro con i volontari per la vita che li hanno aiutati a fare chiarezza su ciò che significava vivere con la sindrome di down, in particolare mettendoli in contatto con l’Anffass, dove Linda e Michele hanno incontrato una seconda famiglia, che li ha accompagnati nel loro percorso di accoglienza del piccolo Simone. L’incontro, ciò che costruisce le nostre relazioni, che costituisce la nostra stessa vita, come ha ricordato il vescovo Michele, consegnando a tutti la frase di papa Francesco, che sta al cuore dell’enciclica “Fratelli tutti”: “La vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro”. “Non ci vuole dire, il Papa, che nella vita ci saranno incontri, che vedremo persone, con persone collaboreremo, faremo progetti di vita per periodi più o meno lunghi – ha specificato mons. Tomasi -. Non ci dice nemmeno che scopriremo che è bello incontrarci, o che in moltissimi casi della vita è più piacevole essere in compagnia piuttosto che soli. Ci dice invece: «la vita scorre attraverso le relazioni»”.
“In una vita vissuta in pienezza noi generiamo sempre di nuovo vita nuova, vita buona – ha aggiunto il Vescovo -. Generando, mettendo al mondo, dando alla luce noi partecipiamo alla creazione del mondo, generiamo sempre nuovo valore. Vivendo nelle nostre relazioni, ci mettiamo a servizio del flusso della vita e generiamo anche noi nuova vita”.
Una vita della quale siamo davvero servitori, ha ricordato il Vescovo: “Per stare così nella vita dobbiamo poterci mettere a disposizione, e noi, messi in questa vita dall’amore di altri, veniamo richiesti di contribuire liberamente a questa vicenda, a questa storia, a questa vita. La nostra libertà è condizione necessaria per poter essere generativi, per poter mettere al mondo”.
“Dobbiamo accogliere per donare, possiamo accogliere solamente in spazi di vita che apriamo spontaneamente e liberamente, altrimenti ci sentiamo invasi, e chiudiamo, blocchiamo, impediamo” ha ricordato mons. Tomasi.
“Il rischio della libertà, che ci permette anche di non scegliere, di rifiutare un appello di amore, di strumentalizzare ogni realtà – anche la più santa – per i nostri personali e privati interessi è il drammatico prezzo da pagare affinché ci sia la possibilità di lasciarsi amare e di amare a nostra volta, di essere veramente messi al mondo e dare alla luce bontà, bellezza, verità. Il rischio della libertà ci apre le porte della generatività. È un rischio a caro prezzo, iscritto nella creazione e portato a pienezza dalla croce e dalla risurrezione di Cristo: Lui si dona alla libertà dell’uomo che lo inchioda sulla croce, per liberare la vita dell’uomo e renderlo capace di ri-generazione, di vita, di eternità”.
“Aprire spazi a questa generatività è la nostra responsabilità, il nostro compito, la nostra missione. È l’avventura offerta al popolo di Dio, all’umanità intera. Accogliere l’appello di ogni vita che bussa alle nostre esistenze e assumersi la responsabilità integrale per la sua fioritura. Accoglienza di ogni vita e cura, cura continua coraggiosa e forte affinché tutte le condizioni per essa si possano realizzare. Non c’è accoglienza della vita e generatività senza l’impegno a donare un futuro alla storia che superi e trascenda l’orizzonte della mia, della nostra esistenza – ha concluso il Vescovo -. Apertura dunque ad un futuro sostenibile. Responsabilità per la famiglia, per le relazioni sociali, per il creato, per il presente ed il futuro. Responsabilità per la vita”.
Ad accompagnare i diversi momenti, i canti proposti dai gruppi del Rinnovamento nello Spirito santo e dei Focolari.