Celebrata in cattedrale con le consacrate e i consacrati la festa della presentazione di Gesù al tempio

“Ringraziamo il Signore per tutti gli uomini e le donne in attesa di un inizio sempre nuovo, vissuta nella fede in colui che è venuto, si è donato, ha vinto la morte. Per tutti gli uomini e le donne esperti dell’attesa e del dono, capaci di donare la vita per amore di Cristo, dei fratelli e delle sorelle. Ringraziamo il Signore per tutti coloro che accolgono la loro consacrazione a Dio come un dono dello Spirito che soffia e li muove, leggero e forte, verso nuovi incontri, nuovi racconti, nuove benedizioni”: è la gratitudine espressa dal vescovo Michele a tutti i consacrati e le consacrate della Diocesi, in occasione della celebrazione eucaristica per la festa della Presentazione di Gesù al tempio, che si è tenuta questa sera in cattedrale. Numerosi i sacerdoti e i religiosi che hanno concelebrato con il Vescovo.

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Riflettendo nell’omelia sulle figure di Simeone e Anna, il Vescovo ha messo in luce il fatto che questi due anziani consacrati “sperimentano la fine di una vita, ma ne ricevono, stupiti, in dono il fine, il senso, il significato, la gioia”.

“Simeone ha visto la tua salvezza, o Dio. Nulla di straordinario; in effetti, lui e Anna sono gli unici che scorgono qualcosa – ha sottolineato il Vescovo -. Nessun evento straordinario, nessun cambiamento particolare nelle vicende della città, nessun segno nel tempio, eppure quello che Simeone ha visto ed incontrato gli basta per dire che la sua vita è piena, è sazia di giorni, ha visto quanto desiderava ardentemente di vedere. Eppure davanti a quel bambino, portato al tempio da quegli umili genitori egli vede schierate tutte le nazioni, e in lui vede,

“davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele”.

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Luce e gloria, la realizzazione delle promesse ad Israele, la pienezza di un ordine buono e giusto delle vicende umane, che permette ad ogni persona di essere accolta ed amata, alla giustizia di trionfare, alla pace di essere finalmente dono per tutti. Il servo può andare in pace, perché davanti a sé egli ha visto il Signore della pace. In quell’inizio di vita e di speranza egli può guardare con serenità anche la sua fine. Nella fine di Simeone vediamo l’inizio di tutto ciò che attendiamo e speriamo, per cui lottiamo e ci impegniamo. Potrebbe essere questa una profezia anche per questo nostro tempo difficile e di prova? Tentando di comprendere la fase storica che stiamo vivendo, due sociologi, Chiara Giaccardi e Mauro Magatti scrivono, in un libro dal titolo proprio “Nella fine è l’inizio”: “Viviamo dunque in un tempo liminale, di passaggio. Tra un passato che conosciamo e che ci è familiare, ma che sappiamo pieno di contraddizioni; un presente che ci inquieta, perché destruttura ogni nostra certezza; e un futuro ancora ignoto, che può assumere contorni opposti”. Così è il nostro tempo – ha fatto notare il Vescovo -, la sua fatica ma anche il suo dono, la sua promessa di bene. Molte cose sono giunte al termine anche nella nostra epoca, ma riusciamo a vedere, mossi dallo Spirito, che il fine della vita ci viene ancora sempre e sempre di nuovo donato in Gesù Cristo, che ha realizzato le promesse di quel bambino, che si è già donato pienamente per noi e che è vivo nella gloria, che sfolgora già della luce della risurrezione? Potrebbero forse essere le nostre vite ad essere mosse dallo Spirito, con passo lieve e leggerezza dello Spirito, verso l’incontro con una famiglia semplice, con una storia comune, con la presenza della vita fra noi? Potrebbe essere questo il senso e il fine della testimonianza delle persone consacrate, che “giuste e pie” sintonizzano la loro vita su di un’attesa di pienezza e di gioia, ostinate nel vedere la novità della presenza di Dio tra noi anche in un tempo in cui la pesantezza della prova sembra impedire, in nome del realismo, la vera speranza?”.

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