Celebrare un anniversario significa sicuramente fissare un momento preciso nel tempo, in cui festeggiare e onorare un’iniziativa, una persona, un avvenimento. Ma ogni anniversario “convoca” nel presente sia il passato, che giustifica la ricorrenza, sia il futuro perché fa sorgere una domanda… del tipo: E ora? Che si fa?
Celebrare il 50esimo anniversario di istituzione del Biennio di formazione per Catechisti della Diocesi di Treviso, il 17 aprile scorso, è stato propriamente questo. Festeggiare nel presente un traguardo considerevole, 50 anni di vita di un’istituzione formativa, ma allo stesso tempo, lodare e imparare dalla storia per provare, insieme, a sognare il futuro.
Il vescovo Michele, che ha presieduto l’evento, lo ha espresso molto bene quando ha affermato l’importanza del recupero della storia, del percorso del biennio, del “come” siamo arrivati qui. Questo esercizio permette di vivere il presente con consapevolezza, sapendo che esso è abitato da Dio, che “qui ed ora” sta alla porta e bussa. Se gli apriamo, festeggia con noi e il presente diventa “kayros” dell’incontro. Continuando il suo saluto introduttivo, il vescovo ha sottolineato come questo modo sapiente di vivere e abitare il presente, in compagnia di Dio, ci permette anche di “sognare” col Signore il futuro.
Da dove veniamo?
È all’interno di questa cornice che la mattinata ha dato spazio, in primo luogo, al recupero della storia del Biennio e in particolare del contesto socio-culturale ed ecclesiale degli anni ‘70, in cui inizia l’esperienza formativa. Il prezioso contributo di mons. Stefano Chioatto ha aiutato a collocare la nascita del Biennio all’interno di coordinate storiche precise. Gli anni di fermento post ’68, lo sforzo non sempre lineare e pacifico di recepire le istanze di rinnovamento liturgico, teologico, catechetico ed ecclesiologico del primo dopo Concilio, il dibattito pubblico seguito alla pubblicazione dell’Humanae Vitae di Paolo VI, sono solo alcuni dei riferimenti evocati da mons. Chioatto in riferimento alla Chiesa universale. Per non parlare della svolta religiosa dell’Azione cattolica, del dibattito della legge sul divorzio, delle istanze sulle dinamiche di partecipazione ecclesiale, della pubblicazione del Documento Base sulla catechesi, in ordine alla Chiesa in Italia.
A Treviso nel 1969 viene nominato direttore dell’Ufficio Catechistico diocesano don Orfeo Gasparini. È sotto la sua guida che prende avvio l’esperienza del Biennio. Di fronte al sorgere di una nuova sensibilità e di una nuova interpretazione di cos’è la catechesi nel processo di evangelizzazione della Chiesa, si avverte il bisogno di un rinnovato impulso formativo. La descolarizzazione dei percorsi, una rinnovata sensibilità pedagogica, il respiro più ecclesiale della catechesi chiedono una mentalità nuova e dei catechisti nuovi. Per questo, in Diocesi prende avvio l’esperienza del biennio: per contribuire alla trasformazione della pratica catechistica grazie all’immissione, nel tessuto ecclesiale, di catechisti formati diversamente, secondo i criteri di novità che stavano concretizzandosi nella Chiesa.
Nel settembre 1970 prende avvio il primo biennio che ha percorso i lustri e i decenni, giungendo fino a noi come esperienza qualificata e qualificante per i singoli catechisti ma anche per tutte le comunità parrocchiali.
A testimonianza di questa storia c’è stato anche il contributo, in video, degli ex direttori dell’ufficio: don Diego Semenzin, mons. Lucio Bonomo e don Gerardo Giacometti.
Dove andiamo?
Il desiderio di sognare il futuro della formazione dei catechisti è stato accompagnato dalla riflessione di mons. Valentino Bulgarelli, presbitero diocesano di Bologna e direttore dell’Ufficio Catechistico nazionale. Nel suo ricco e articolato intervento, don Valentino ha messo in luce come in questo passaggio di “cambiamento d’epoca”, segnato in particolare dalla crisi sanitaria che stiamo vivendo, alcuni segnali e alcuni germogli di novità nella pratica della fede cristiana stanno lanciando degli appelli anche alla prassi formativa. Ci siamo accorti, in questo tempo e quasi “grazie” a questo tempo così complicato, come l’esperienza della bellezza, in particolare nella liturgia celebrata, partecipi a pieno titolo del processo di annuncio del Vangelo. Allo stesso tempo abbiamo potuto cogliere con più evidenza lo stretto legame tra anno liturgico e pratica catechistica. Abbiamo inoltre percepito con forza la centralità della Scrittura e della Parola di Dio all’interno del processo di evangelizzazione e abbiamo potuto riconoscere un vero e proprio “genio creativo” all’opera, in tanti catechisti e catechiste delle nostre parrocchie. Anche la solidarietà e la carità, nonché la cura per i passaggi esistenziali delle persone, sono stati una forte testimonianza del Vangelo all’opera. Infine, lo sforzo di molti nel trovare linguaggi adatti per muoversi con sapienza nel contesto digitale, ha mostrato il desiderio di vivere una catechesi “al passo” con i tempi.
Questi germogli di novità stimolano il futuro della prassi formativa e le permettono di essere “all’altezza di questo tempo”, senza rifugiarsi nelle sicurezze del passato, inefficaci per l’oggi, e senza perdere l’aggancio con la storia e la cultura, che sono consustanziali alla fede cristiana.
A cosa serve?
Con questa domanda, Francesca Negro, vicedirettore dell’Ufficio Diocesano per l’Annuncio e la Catechesi, ha introdotto la consegna dei diplomi alle catechiste che hanno concluso il Biennio lo scorso mese di maggio.
Il biennio non serve a nulla, in termini onorifici e “contrattuali”, ha sottolineato Francesca, non dà nessun punteggio aggiuntivo, né lustro particolare. In questo senso non “serve a nulla”. Ma, viceversa, il biennio rende servizio, e quindi serve, ai catechisti che sono inseriti in una rete di relazioni ecclesiali e ricevono una serie di stimoli formativi che qualificano non solo il loro servizio nella catechesi ma anche la propria vita di fede. Infine, serve alle parrocchie alla Diocesi, perché immette nel tessuto ecclesiale uomini e donne formati che si mettono a servizio della missione della Chiesa con passione e competenza.
In diocesi
Don Alberto Zanetti, direttore dell’Ufficio diocesano ha sottolineato come nella Chiesa di Treviso il desiderio di continuare a sostenere l’impegno formativo metta di fronte a scelte importanti, soprattutto nel campo delle alleanze educative. Una ritrovata e rinnovata sinergia tra le “scuole formative” sarà l’occasione per arricchire e far crescere l’offerta formativa rendendola sempre più solida, aderente al nostro tempo, qualificata e qualificante. Su questa strada i sogni, i desideri e alcuni progetti per il futuro non mancano… Che questa occasione celebrativa possa essere lo stimolo per riformarsi, trasformarsi e, così, formarsi, ecclesialmente, alla missione.
don Marco Piovesan
(articolo dalla Vita del popolo del 25 aprile 2021)