Credere nel Risorto: un cammino e una ricerca

“Che cos’è la Pasqua?”. E’ partito da questa domanda il vescovo Gianfranco Agostino nella sua omelia di domenica 1° aprile per definire il significato della solennità e per entrare nel senso della nostra fede nella risurrezione, che è fatta di cammino e ricerca. Tre i verbi – vedere, credere, comprendere – usati dall’evangelista Giovanni per raccontare il mattino di Pasqua dal punto di vista di Maria di Magdala, di Pietro e del discepolo che Gesù amava.
“Gli episodi che riferiscono il mostrarsi di Gesù dopo la risurrezione ci fanno capire che accogliere la risurrezione non è stato facile”. C’è chi non lo riconosce, chi lo crede un fantasma e chi non crede finché non lo vede di persona. “Già il vedere è stato piuttosto laborioso – ha ricordato il Vescovo – . Ma è difficile accogliere la risurrezione senza essere ascoltatori della Parola di Dio, capaci di acquistare familiarità con la persona di Gesù e con le sue parole («Non avevano ancora compreso la Scrittura»… «Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”. Ed esse si ricordarono delle sue parole»). Solo così ci si apre ad una comprensione della risurrezione.
“La risurrezione rimane un enigma – ha ricordato mons. Gardin – per chi la sente applicare ad un personaggio lontano. Ha bisogno, la fede nella risurrezione, di riflessione sulla Parola di Dio, sulle parole di Gesù, domanda che Gesù sia incontrato e amato. Allora si coglie che il suo amore sconfinato, il dono totale ed estremo della sua morte non poteva, dalla morte, essere inghiottito e vanificato. E allora il cristiano sperimenta dentro la propria esperienza di credente quanto è espresso da quei tre verbi. Vede il Risorto, si accosta a Lui, attraverso la testimonianza dei discepoli, coloro che lo hanno visto davvero. Comprende, alla luce della sua parola e di tutta la sua vita donata, che la risurrezione è la conseguenza del suo amare senza limiti. E infine crede che Egli è il Vivente per sempre. La fede vera, matura – ha concluso -, è fatta di cammino, di ricerca mai totalmente compiuta. Cogliere la Pasqua, il Risorto, vedendo, comprendendo e credendo alla luce della Parola di Dio, ci consente di cogliere in modo nuovo, diverso, anche la nostra vita, con i suoi travagli e i suoi doni; di scorgere in modo nuovo, diverso, il mondo, con le sue ombre e con le sue luci; di guardare in modo nuovo, diverso, ciò che ci attende. A condizione che la Pasqua non sia ridotta semplicemente ad un vago desiderio di benessere o di felicità passeggera, ma sia riconosciuta come la vittoria della vita sulla morte, del bene sul male, della speranza sulla disperazione, dell’amore sull’odio. E allora – la conclusione del Vescovo – si può anche credere con fiducia a Colui che ha detto: Io sono la risurrezione e la vita; e cercare, grazie a Lui, di vivere da risorti. È questo l’augurio più bello che possiamo scambiarci da cristiani oggi”.