Bilancio senz’altro positivo per l’appuntamento principale del 26° GiaveraFestival, da giovedì 15 a domenica 18 luglio, nel parco di villa Wassermann a Giavera del Montello. A partire dall’affluenza del pubblico, pur parzialmente limitata dalle norme anti-Covid19 e nonostante il tempo atmosferico talvolta incerto: si è avvertito il desiderio e la ricchezza dell’incontro tra persone, tratto distintivo di questa manifestazione fin dal suo inizio, 26 anni fa. Ed è stato un “clima” percepito sia nelle occasioni musicali, che negli spazi dedicati alle mostre, all’artigianato, negli “appuntamenti conviviali” con il cibo. Interessanti e ricchi anche gli incontri con gli ospiti che con la loro presenza e il loro apporto hanno qualificato i momenti di riflessione e di dibattito. Il “filo rosso” di stravolgimenti e cambiamenti, di un “stravolta” che evoca un “stavolta” di cambiamento necessario, è stato sviluppato con competenza e acutezza dai vari relatori, e anche rilanciato dal numeroso pubblico che ha seguito i dibattiti con considerazioni e domande all’altezza delle riflessioni proposte. Marco Aime, Francesco Remotti, Massimo Bray, Marina Lalovic’, Mauro Caputo, Donatella Ferrario, Davide De Michelis, Stefania Prandi, Andrea Signorelli, Khalifa Abo Khraisse hanno ripreso e rilanciato temi che si sono rivelati complementari gli uni agli altri. È emersa, anche in questa occasione, la necessità di prospettarsi un futuro condiviso, per evitare di rinchiudersi nel presente, e di riconoscere i limiti di un “locale” che non tiene conto del “globale”. Una necessità che porta a individuare l’urgenza, ma anche il valore, di assumere il tema dell’ambiente e della sua cura come prospettiva che potrebbe farci uscire dal nostro angolo di mondo e di storia, in cui il timore del virus può confinarci. Mutamenti climatici e aumento delle disuguaglianze potrebbero essere colti come questioni decisive per una posizione comune, trasversale, che porti alla mobilitazione dei più giovani e insieme alla presa di responsabilità degli adulti, rispondendo alla “comunità di destino” composta da tutti gli esseri viventi sulla Terra. Temi che richiedono sia una decisa azione formativa per i più piccoli e i più grandi, sia una presa di coscienza che orienti il consenso politico complessivo, fin dentro le complesse questioni poste dal mondo digitale e dai vari social media.
Possono sembrare considerazioni piuttosto idealistiche, ma gli “stravolgimenti” causati dal virus forse possono farci “vedere” anche gli “stravolgimenti” di un clima atmosferico e sociale che diventano sempre più incalzanti.
Ciò che dà forza particolare a tali considerazioni è l’energia che la festa sprigiona: la voce echeggiante ed evocativa di Saba Anglana, cantante italo-somala; l’unisono dei cori Voci dal Mondo, le Cicale e Canto Spontaneo; le sonorità e i ritmi di tutti i gruppi intervenuti nei giorni della manifestazione hanno contribuito a generare l’energia di questa piccola utopia concreta di incontro e scambio che si assapora al Festival. Un rilievo particolare va dato all’esibizione di Bil Aka Kora, cantautore molto famoso in Burkina Faso e ospite d’onore di domenica 18, la cui presenza ha dato valore alla vitalità della comunità Burkinabé di Treviso, che anche in questi tempi difficili riesce a mantenere relazioni di solidarietà e di sostegno reciproco. L’inno del Burkina Faso, insieme a Fratelli d’Italia, ha commosso tutti coloro che avevano appena assistito al dispiegarsi dell’enorme “Bandiera del mondo”, fatta di tutte le bandiere di coloro che abitano questo nostro territorio, e da qualche anno simbolo vivo e coinvolgente del GiaveraFestival.
Ora si prospettano altri due appuntamenti: una serata in cui incontrare la ricchezza di esperienze e tradizioni della comunità senegalese, rappresentata dall’associazione Djamoral della Casamance, regione del Senegal, il 14 agosto al parco Fenderl di Vittorio Veneto. Infine, dal 26 al 31 agosto, un “viaggio inchiesta” al “confine ovest” d’Italia: dopo aver sostato sul “confine est” sopra Trieste, a fine giugno, intravvedendo le tracce di coloro che giungono dalla famigerata “rotta balcanica”, ci porteremo ad ovest verso Marsiglia, “città meticcia” per eccellenza, seguendo ancora i percorsi di costoro, che cercano il proprio destino oltre l’Italia.
Un particolare ringraziamento va ancora una volta all’Amministrazione comunale di Giavera che continua a sostenerci in questo nostro impegno, alla parrocchia di Cusignana per la sala incontri di giovedì e venerdì, e a tutte le volontarie e i volontari, la vera e indispensabile “anima” del Festival, che continuano a credere sia prezioso, in questi tempi incerti e “stravolti”, offrire un’occasione di incontro e di scambio come traccia che orienti il nostro comune cammino futuro.
gli organizzatori del GiaveraFestival