Il card. Parolin ad Aquileia nel centenario della Grande guerra: “Una sconfitta per tutti i Paesi”

“Oggi siamo tutti consapevoli che le immani sofferenze di quella guerra furono proprio una inutile strage, come aveva profetizzato papa Benedetto XV, ma in tanti allora anche dentro la Chiesa, respinsero l’appello papale alla pace”, così il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, si è espresso nella “lectio magistralis” tenuta ad Aquileia lo scorso 12 luglio. Il card. Parolin, invitato dall’arcivescovo di Gorizia Radaelli, nel giorno della festa dei patroni Ermacora e Fortunato, ha concluso un cammino di riflessione spirituale della diocesi sulla Prima guerra mondiale, iniziato il 13 settembre del 2014 con la visita di papa Francesco a Redipuglia.
All’incontro, cui è seguita una solenne celebrazione eucaristica nella patriarcale basilica di Aquileia, hanno partecipato diversi vescovi del Triveneto, tra i quali il nostro vescovo Gianfranco Agostino Gardin, e della Slovenia. Nel suo intervento, il cardinale Parolin ha ripercorso con attenta analisi le vicende che un secolo fa portarono alla Prima guerra mondiale partendo dalla drammatica situazione in cui, alla morte di papa Pio X, si trovarono i 57 cardinali presenti al Conclave del 1914, che alla fine elessero papa l’arcivescovo di Bologna Giacomo Della Chiesa, scelto per la sua carriera pregressa nel servizio diplomatico in cui, diversamente da altri candidati, non indicava dipendenze né verso la Triplice né verso l’Intesa. Accanto a papa Benedetto XV, in totale sintonia con lui, operò sempre il suo segretario di Stato, il cardinale Pietro Gasparri che seppe affrontare ogni situazione con sicurezza e padronanza dei problemi. L’accoppiata papa Benedetto – card. Gasparri impose subito alla Santa Sede la linea dell’imparzialità senza sbilanciamenti, né da una parte né dall’altra. Una linea che appare oggi vincente, sottolinea il cardinale Parolin, l’unica possibile per una forza religiosa e spirituale, ma allora costò al vertice vaticano un drammatico isolamento di fronte ai nazionalismi guerrafondai che travolsero ogni cosa, senza risparmiare i cattolici dell’uno o dell’altro fronte. Non avendo interessi propri da difendere papa Benedetto XV aveva perfettamente compreso ciò che né i Governi, né molti vescovi, né la maggior parte dei cattolici d’Europa vollero comprendere: che la guerra sarebbe stata una sconfitta per tutti, anche per i vincitori, e che si stava seminando il virus malefico di nuovi rancori, di nuovi conflitti. Papa Benedetto lo disse in più occasioni e documenti, fino a ribadirlo nell’enciclica “Pacem Dei munus” del 23 maggio 1920 nella quale giudicò negativamente gli iniqui trattati di pace chiusi a Parigi nei quali rimanevano intatti e accresciuti “i germi di antichi rancori”. La tragica intuizione del Papa, che aveva parlato del conflitto come di un “suicidio dell’Europa”, si rivelò purtroppo profetica e la guerra e il dopoguerra hanno dissolto l’ordine internazionale centrato sull’Europa senza riuscire a sostituirlo in maniera equa e duratura, ma anzi “aprendo una voragine politica e territoriale che i cento anni successivi non sono riusciti a colmare e le cui conseguenze sono ancora sotto gli occhi di tutti noi. Un passaggio particolare nella sua relazione, il cardinale Parolin lo ha dedicato a quanto successe in quei tragici anni con l’inizio delle stragi di massa “di cui rimase vittima il popolo armeno, in soccorso del quale si mosse allora quasi soltanto la Santa Sede, tanto da rendere indispensabile il conio di una parola fino a quel momento inesistente in tutti i vocabolari: la parola «genocidio» che oggi fa parte purtroppo del nostro linguaggio corrente”. La Grande guerra ha inoltre aperto scenari nuovi e completamente inediti nella Chiesa cattolica, proiettandola verso la modernità e ponendo fine al sistema giuridico della Chiesa di Stato, come ad esempio avveniva nell’Impero Austro-Ungarico. Oppure recuperando la natura autentica dei nunzi apostolici, non più figure prevalentemente politiche bensì rappresentanti del papa presso i governi, gli episcopati e le chiese particolari di una nazione, in comunione con Roma. Infine una trasformazione non meno radicale si ebbe nel mondo missionario abbandonando l’ideologia coloniale e promuovendo l’autonomia, l’indipendenza, l’autogoverno ecclesiastico in tutte le aree extra europee.
Concludendo infine la sua “lectio”, il cardinale Parolin ha affermato: “I quattro anni di guerra hanno cambiato radicalmente il mondo, prefigurando le condizioni politiche, istituzionali e sociali che in qualche modo sono giunte fino a noi. Ebbene, non credo di peccare di partigianeria se affermo che la Chiesa cattolica fu in diversi casi più accorta e più svelta nel comprendere il cambiamento in atto e nell’adeguare la propria struttura istituzionale e organizzativa al nuovo che stava irrompendo”.

(Paolo Gatto)