“Ecco la serva del Signore: Avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1, 38). E’ ruotata tutta intorno alla semplice e potentissima risposta di Maria all’Angelo l’omelia del vescovo Michele questa mattina, 8 dicembre, nella cattedrale di Treviso, in occasione della solennità dell’Immacolata Concezione di Maria.
Una risposta così semplice, quella della ragazza di Nazareth, “che quasi nasconde la sua importanza, la sua novità, il suo valore” ha ricordato mons. Tomasi. Una risposta che Maria dà per se stessa, ma che coinvolge anche il popolo d’Israele e l’umanità tutta. “In Lei giunge a una svolta la storia del popolo eletto, del popolo dell’alleanza. In Lei si ritorna anche al momento in cui si ripresenta non soltanto l’alleanza con il popolo, bensì il momento in cui l’umanità intera, rappresentata dai progenitori della Genesi, ‘Adam – maschio e femmina, uomo e donna – può scegliere, nella sua creaturalità pienamente accolta, di fidarsi di Dio e della sua promessa. Il momento di accogliere la Parola di Dio come base affidabile e del tutto sufficiente per impostare la propria vita. Oppure è il ritorno a quel momento delle origini – che è momento che si può presentare sempre nella storia dell’uomo – in cui invece che alla fiducia si fa spazio al sospetto, e si permette alla domanda del serpente di insinuarsi nel cuore e nella mente: “è vero che Dio ha detto: «non dovete mangiare di alcun albero del giardino»?” (Gen 3, 1). A quel momento in cui nasce il sospetto che il Signore non abbia detto tutta la verità sulla felicità dell’uomo e della donna, che abbia dei motivi suoi per impedirci di ottenere qualcosa che sia desiderabile e buono per noi”.
“Tutto l’amore di Dio mostrava ad ‘Adam che era un ospite nel mondo creato: ospite gradito e accolto, ospite perché non è lui il creatore, ospite perché è creatura sommamente amata, amata per se stessa. Il giardino è la terra di Dio, la terra è dono in cui si viene ospitati, la vita è dono in cui si viene ospitati. Dio si fa dono perché ci permette di essere ospitati in Lui, nel suo abbraccio eterno di amore. Ospiti, non padroni, perché non ci è chiesto di essere noi al posto di Dio nei confronti del mondo e della vita, non ci viene chiesto il sovrumano – e quindi, in fondo, inumano e disumano – compito di costituire noi la vita, di doverla sostenere noi di fronte al nulla, di darle noi il senso e il significato ultimi. La pienezza di ciò che siamo si realizza nell’accogliere la nostra esistenza e tutta la nostra vita di relazione come un dono. Chi dona è l’amore che ci crea e che ci vuole, e ci pensa, fin dalla fondazione del mondo. Ma questo non ci basta, non crediamo fino in fondo che Dio sia mosso solamente da amore disinteressato e che voglia davvero il nostro bene. C’è sempre altro che penso di dover sapere, e sarà altrove che sarò felice. Il dramma, la tragedia dell’uomo. Tutta la storia dell’umanità è compresa tra l’offerta dell’amore di Dio e la mancanza di fiducia completa da parte dell’uomo. Manteniamo per lo meno aperta una possibilità, una via di fuga, esprimiamo una riserva perché, nel migliore dei casi, quell’amore è troppo bello per essere vero”.
Una riserva che Maria non ha posto – ha ricordato il Vescovo – di fronte all’inaudito, all’impensabile, chiedendo qualche garanzia, qualche rassicurazione. No, la sua risposta è “Ecco la serva del Signore: Avvenga per me secondo la tua parola”. E si ritorna alle origini, si rigenera il rapporto dell’umanità con Dio e si compie il personale progetto di felicità della giovane donna. “Maria dà la sua risposta in tutta semplicità e purezza di cuore, senza riserve, senza calcoli, completamente affidata. Completamente catturata dalla Parola. Quello che lei permette che avvenga di Lei, Lei sa che è “per Lei”. Per il bene. Per l’amore. In questa risposta si realizza di nuovo quel momento delle origini, in cui Maria e con Lei tutta l’umanità tornano a lasciarsi ospitare da Dio. Nel creato, nelle relazioni degli uomini tra di loro, nell’amore stesso di Dio, nell’amore che è Dio stesso. Maria fa spazio in sé alla presenza del Dio-con-noi, proprio perché accetta di essere completamente del Signore. Nel momento in cui ella accetta di non appartenersi, mostra quanto «essere di Dio» significhi «trovare se stessi» ed «essere felici». È in questo momento che noi sappiamo definitivamente che Maria santissima è concepita senza peccato originale: ella è posta in quella condizione affinché il suo sì, la sua scelta sia davvero scelta d’amore, libera, sovrana e definitiva. È in questo momento che sappiamo che la sua vita sarà tutta con e per il Figlio suo, anche quando non comprenderà, anche quando il dolore le trafiggerà il cuore e l’anima, Lei sarà con Lui, per Lui. E per questo la Chiesa la proclama viva con il Figlio suo crocifisso e risorto, nella gioia eterna”.
È anche questo il motivo per cui il popolo santo di Dio in modo infallibile ama e venera Maria – ha ricordato mons. Tomasi. “Il popolo di Dio sa che è Lei che ci ha riaperto la possibilità della fede, della fede vera, della fiducia piena in Dio. Con Lei che ha donato tutta la sua vita a Dio, che si è lasciata di nuovo ospitare nell’amore, nella vita piena, nella possibilità della gioia, i cristiani sentono con l’affetto prima ancora che con il ragionamento o la volontà che l’amore è possibile, che Dio è un Padre appassionato e tenero, che la nostra condizione di creature – anche piccole, fragili e vulnerabili – non è affatto una maledizione dalla quale sfuggire in qualche modo, ma è la condizione che ci è donata per poterci gettare con fiducia piena, di fanciulli, nelle braccia del Padre, nell’abbraccio dell’amore uno e trino come bimbi svezzati tra le braccia della madre. A Lei la condizione di essere libera dalla colpa antica è data per grazia unica, per dono singolarissimo, in vista della sua maternità divina. Ma anche a noi questa condizione è donata nel Battesimo, a noi che in Cristo siamo stati “scelti prima della creazione del mondo per essere santi ed immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1, 4). Anche noi possiamo accogliere la vita come un dono, accoglierne anche la precarietà e la non autosufficienza come la grande libertà che ci libera dall’ansia del possesso: non abbiamo bisogno di possedere, basta accettarci come dono; non abbiamo bisogno di difenderci da nessuno, basta solamente, da ospiti nella vita, ospitare gli altri nei nostri giorni e negli spazi della nostra vita; non abbiamo bisogno di lottare e distruggere, ma soltanto di prenderci cura del giardino della nostra esistenza, in cui il Padre continua a passeggiare, nella brezza del mattino”.
Dal Sì di Maria – ha messo in luce la riflessione del Vescovo – si sono aperti anche cammini di libertà, di dignità ristabilita e di uguaglianza per uomini e donne. “Nel racconto delle origini, dopo il rifiuto di Dio da parte di ‘Adam, l’uomo, il maschio, incapace di aprirsi alla fiducia e al dono compie un atto di arroganza, e dà il nome alla parte di umanità femminile, ne assume cioè il possesso e il dominio. Il sì di Maria la tutta santa, la tutta bella, riapre sentieri di libertà, di uguaglianza, di dignità ristabilita. La serva del Signore diventa garanzia di libertà e di dignità per tutte e per tutti. Se riusciremo a vivere in questa dimensione nuova e vera, se ci sentiremo di nuovo ospiti di Dio nel creato, nelle relazioni reciproche, nella vita, in Dio stesso, saremo anche capaci di vedere se scopriremo il significato del nostro vivere e del nostro morire, avremo il coraggio di affrontare le sfide del nostro tempo senza pretendere di doverci «costruire» la vita, ma saremo capaci di prendercene cura con dedizione e speranza. E saremo capaci di cantare la vita anche nelle difficoltà e nelle prove del tempo presente, perché con Maria, la tutta santa, la tutta bella sapremo dire, al di là di ogni dominazione, di ogni sopruso, di ogni violenza: “Ecco la serva, ecco il servo del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”.