Memoria liturgica del beato Longhin: il suo impegno nel dopoguerra ispiri le nostre scelte

COMUNICATO STAMPA

DIOCESI DI TREVISO

Messa oggi in cattedrale nella memoria liturgica del beato vescovo Longhin.

Mons. Tomasi ha ricordato che dopo la Prima guerra mondiale Longhin non mise “tra parentesi” cinque anni di guerra, ricominciando da dove si era rimasti nel 1914, e si chiede se non abbiamo, oggi, qualcosa da imparare,

da quello stile e da quelle scelte: “Abbiamo bisogno di più amicizia civile,

di più giustizia, di più solidarietà, di più cura del creato, dei piccoli e dei poveri.

Di più cura reciproca, del tempo e delle relazioni”

L’impegno nella ricostruzione e lo stile pastorale del beato vescovo Longhin, all’indomani della Prima guerra mondiale, possono ispirare le nostre scelte nel difficile momento storico che stiamo vivendo.

A suggerirlo, questa mattina, in cattedrale, il vescovo Michele Tomasi, che ha presieduto, per la prima volta da quando è a Treviso, la celebrazione nella memoria liturgica del beato Andrea Giacinto Longhin, Vescovo di Treviso per 32 anni, dal 13 aprile 1904 al 26 giugno 1936, giorno della sua morte. Tra i concelebranti anche mons. Paolo Magnani, vescovo emerito della Diocesi. Numerosi i fedeli che hanno preso parte alla messa, tra cui una delegazione dal paese natale di Longhin, Fiumicello di Campodarsego, accompagnati dal parroco, don Damiano Fortin, e da rappresentanti dell’Amministrazione comunale.

“Un predecessore proclamato beato: Quale dono, quale responsabilità!” ha esclamato mons. Tomasi. Un dono, “perché la presenza di un Vescovo beato nella storia recente della nostra Chiesa porta frutto ancora oggi, anche senza che ce ne rendiamo conto. Ma è anche, e non lo nascondo, una responsabilità grande. Perché mi ricorda che la santità è possibile, qui, nella nostra terra, nella nostra storia. E anche svolgendo il ministero di Vescovo”.

Mons. Tomasi ha ricordato un passaggio tratto dalla biografia scritta due anni fa da mons. Lino Cusinato: “Il Vescovo Longhin era consapevole che ricostruire non poteva significare ripartire dal 1914, mettendo in parentesi i cinque anni di guerra; sul presente e sul futuro bisognava tenere fisso lo sguardo, per quanto ardui si presentassero, e investire le energie”.

“Ecco un insegnamento potente per il nostro presente, pur nelle grandi differenze tra i periodi storici e gli eventi – ha sottolineato il Vescovo -. Solo prendendo atto concretamente delle reali condizioni della società e del mondo – nelle sue visite ai luoghi distrutti, nel suo contatto quotidiano con le persone, nella rete di rapporti e di relazioni intessuta anche attraverso l’opera dei sacerdoti – Longhin ha potuto intraprendere i passi di una difficile ma effettiva ricostruzione. Tornare come prima, mettendo tra parentesi gli eventi tragici della prima guerra mondiale poteva forse sembrare una via percorribile, ma si sarebbe rivelata un’illusione, una fuga non certo degna dell’eroica presenza del Vescovo in città durante il conflitto. Ci possiamo fare almeno un poco ispirare anche noi, nella situazione difficile ed inedita che stiamo vivendo, ora che torniamo ad attività e forme di vite almeno in parte consuete, dopo il lungo periodo di isolamento? Vogliamo davvero tornare ad una «normalità» che non c’è più, e che forse non c’è mai stata? O non faremmo meglio a gettare uno sguardo nuovo, più saggio e misericordioso sul nostro mondo, per cercare insieme le ragioni e le forme di nuove solidarietà di cui abbiamo bisogno per non perderci per strada, per sperare in una comunità davvero degna di questo nome?”.

“Noi abbiamo bisogno proprio di questo – ha ricordato mons. Tomasi -. Di più amicizia civile, di più giustizia, di più solidarietà, di più cura del creato, dei piccoli e dei poveri. Di più cura reciproca, del tempo e delle relazioni. Un percorso buono ce lo indica – modellandolo sulla vita e l’opera del beato Longhin – il Vescovo emerito di Treviso mons. Paolo Magnani, nel suo messaggio alla diocesi nel giorno della beatificazione, il 20 ottobre del 2002: “Longhin si caratterizza per aver dato un impulso spirituale a tutta la sua pastorale… nell’attività pastorale non è in gioco l’abilità del fare o dell’organizzare, quanto invece quella del radicare e radicarsi nella fede in Gesù Salvatore”. La spiritualità che ha animato tutta l’opera di Longhin, insomma, tendeva a “ricondurre l’agire cristiano all’essenziale”. A lasciarsi guidare dal Vangelo. A non disperare mai della forza liberante del Crocifisso Risorto, vivo in mezzo a noi. Nelle condizioni così nuove ed impegnative del tempo, nell’orizzonte ampio dell’amore di Dio. Forse anche noi riusciremo a donarci gli uni agli altri così, senza riserve. Troveremo la stella polare del bene possibile che ci indichi la strada verso una comunità autenticamente fraterna”.

 

Treviso, 26 giugno 2020