Le tracce della famiglia di artisti sono disseminate nelle chiese e nella villa di Zianigo
Mirano, terra dei Tiepolo. Il binomio è diventato anche un marchio turistico-culturale, a sottolineare il profondo legame tra il territorio e la famosa famiglia di artisti, il padre Giambattista e i figli Giandomenico e Lorenzo, la “premiata ditta Tiepolo”, come l’ha felicemente definita il critico d’arte veneziano Marcello Colusso. Giandomenico, in particolare, ha un legame affettivo ed artistico con la città di Mirano, dove trascorse molti momenti di riposo nella villa di Zianigo, la casa di campagna, che diventò la casa della sua vita. L’edificio era stato costruito per Cristoforo Angeloni nel 1688 e fu poi venduto a Giambattista Tiepolo nel 1757. Giambattista non ha avuto modo di soggiornarvi a lungo, poiché nel marzo 1762 partì insieme ai figli Giandomenico e Lorenzo per Madrid, dove era stato chiamato a decorare il Palazzo Reale e dove morì nel 1770. L’eredità della villa passa al figlio Giandomenico che qui dimora negli ultimi anni della sua vita, affrescando le stanze e dipingendo complesse scene e piccole composizioni raffiguranti soggetti di costume campagnolo e carnevalesco, tra i quali “Il nuovo mondo” e “Pulcinella e i saltimbanchi”. La villa è molto nota per la decorazione ad affresco del piano terra, del fronte scale e della sala del piano nobile. Gli affreschi di quest’ultima sono stati interamente strappati nel 1907 e salvati da una vendita all’estero. Hanno trovato collocazione a Ca’ Rezzonico, a Venezia, dove sono esposti al pubblico.
A rafforzare ancora di più il legame tra Giandomenico e Mirano, oltre alla villa, sono le numerose opere sparse nel territorio. Tra queste, nel Duomo di S. Michele Arcangelo, la pala di Giambattista dedicata al “Miracolo di Sant’Antonio che riattacca il piede ad un giovane”; Villa Bianchini a Zianigo, con l’affresco “Il merito e la Fama”; la chiesa della “Natività di Maria” a Zianigo con la pala “San Francesco di Paola e altri santi” e l’affresco del soffitto “Natività di Maria”; la chiesa “Cattedra di S. Pietro” a Scaltenigo con gli affreschi del soffitto raffiguranti “La gloria dei Santi Pietro e Paolo” e gli “evangelisti e due Angeli”, da diversi esperti attribuita a Giandomenico.
Il duomo di Mirano
Il Duomo di Mirano, dedicato a San Michele arcangelo, è un sobrio edificio seicentesco denso d’arte il cui interno è formato da un’unica navata che si apre, oltre l’arco trionfale, in un fastoso presbiterio. L’edificio attuale deriva da una precedente costruzione, rinascimentale, di tipo conventuale.
Gran parte delle superfici interne sono adornate da raffigurazioni affrescate e da sculture, che illustrano due importanti temi liturgici: la Fede ed il Giudizio Universale. Il primo di questi si sviluppa nel presbiterio, con decorazioni affrescate che coronano l’imponente complesso scultoreo dell’altare maggiore, dove nella volta di soffitto, quasi illuminante, è allegoricamente raffigurata la Fede. Le vele, tra volta e pareti, rappresentano la Chiesa, qui esemplificata con le figure dei due apostoli Pietro (chiavi) e Paolo (spada), nonché da due dottori, Sant’Agostino e Sant’Ambrogio. Le pareti, in due riquadri, propongono due sacrifici dell’antico testamento, il Sacrificio di Abramo e il Sacrificio di Melchisedech. L’intero ciclo affrescato è eseguito nel 1791 da Costantino Cedini, un maestro di Accademia che prosegue il linguaggio tiepolesco, un lessico dominante in tutta Europa sino agli eventi napoleonici. Gli affreschi contornano il vero tesoro della chiesa: l’imponente macchina marmorea dell’altare maggiore dove un Tempio in due ordini, arricchito da colonne e bronzetti, è guarnito da due bellissime statue piene di movimento, San Michele e San Gabriele, mentre i putti porgono l’Eucarestia. Questo complesso lavoro scultoreo, opera di Giuseppe Torretto, fu eseguito attorno al 1720, come altri suoi lavori per importanti chiese veneziane come i Carmini, i Gesuiti e gli Scalzi.
Il tema del Giudizio Universale è sviluppato nell’imponente soffitto della navata. Nella complessa raffigurazione risulta centrale il trionfo di Cristo, che si erge impetuoso e vittorioso su Lucifero e i suoi vizi. Il grande affresco è eseguito, nel 1847-48, da Giovanni Demin, importante pittore neoclassico, avviato con Hayez a Roma presso Antonio Canova, che solo la scarsa capacità relazionale portò a chiudersi nell’entroterra veneto.
Il Duomo di Mirano si distingue, oltre che per i vasti cicli decorativi, anche per le altre importantissime opere, poste sugli altari laterali: la pala della Crocifissione con anime imploranti, nel terzo altare a sinistra; la pala di S. Giuseppe con Gesù Bambino e santi, probabilmente opera di Nicolò Scabari (1735-1802). Del Torretto sono anche la statua di S. Francesco di Paola, in marmo bianco, e il Tabernacolo, in origine scolpito per questo altare, poi sistemato sopra quello della Crocifissione con anime. La pala di S. Girolamo, di notevole bellezza pittorica, è di Paolo De’ Franceschi, detto il Fiammingo. La pala del Miracolo di Sant’Antonio, poi, è un vero capolavoro del Settecento veneziano, magnifica opera di Gian Battista Tiepolo, dipinta attorno al 1750, prima della partenza per la Spagna, nel periodo più felice della sua arte. Il dipinto racconta del miracolo compiuto dal Santo taumaturgo che riattacca il piede di un giovane che se l’era tagliato.
Progettata dall’architetto Luigi Candiani nel 1937 ed inaugurata nel 1938, la chiesa, dedicata a S. Silvestro Papa, venne affrescata nel 1951 da Gino Borsato. La chiesa contiene un frammento, recuperato dalla prima chiesetta, di una scultura quattrocentesca con raffigurazione a bassorilievo della “Madonna col Bambino e San Giovannino”, probabile opera dello scultore padovano Nicolò Pizzolo (Padova 1420-1453). Il campanile è alto 28 metri ed è stato realizzato nel 1894 per la vecchia chiesa, ora oratorio.
La chiesa di Campocroce dedicata a Sant’Andrea risale, insieme al campanile, alla seconda metà dell’Ottocento. Di forma semplice, è ben decorata all’interno. Il soffitto ha un affresco del 1906, raffigurante “La Gloria di Sant’Andrea”, di Noè Bordignon. Sul retro della parete d’ingresso, in tre riquadri, nel 1952 il pittore trevigiano Giovanni Barbisan, uno dei maggiori incisori contemporanei, dipinse “L’Assunzione di Maria”, al centro e sulla destra la proclamazione del dogma da parte di Pio XII, mentre nel riquadro sinistro raffigurò una processione paesana, ritraendo gente del posto ed il Vescovo di Treviso. La chiesa conserva anche una bella pala del primo Ottocento raffigurante “La Sacra Famiglia”, attribuita a Giannandrea Rusteghello; ai lati due tele del seicento con La Madonna e S. Giovanni. I cinque altari sei – settecenteschi sono appartenuti alla vecchia chiesa, abbattuta per far posto all’attuale. Il San Francesco conservato in sacrestia è una tela di scuola veronesiana del primo Seicento.
L’edificio trecentesco dedicato alla Cattedra di san Pietro è di forme gotiche, con un bel protiro che ripara il portale della facciata avvicinando, nel contempo, la chiesa al suo slanciato e coevo campanile. I caratteri architettonici rimandano alla fine del secolo XIV o agli inizi del XV, ma l’origine risale a tempi più remoti. A destra della porta principale e sotto la cantoria si trova l’affresco “Madonna con il Bambino tra le sante Caterina d’Alessandria e Lucia” risalente al 1481. Sopra l’altare, in una cassa di cristallo una preziosa scultura in marmo rappresentante “La Pietà” di Pietro Baratta. Sull’altare maggiore un elegante ciborio in marmo risalente agli inizi del sec. XVIII con ai lati le grandi statue di marmo di Carrara degli apostoli Pietro e Paolo, opere di Antonio Gai (1686-1769) e dietro la “Pala della Resurrezione” attribuita a Daniele Mazza allievo di Tiziano (1574). Del XVI-XVII secolo è l’icona di Anonimo cretese-veneziano raffigurante la “Madonna Glykophilousa” che abbellisce la parete destra del presbiterio. Bellissimo il soffitto con al centro un grande lacunare in cui è raffigurata la gloria dei Santi Pietro e Paolo insieme alla Santissima Trinità e alla Vergine; agli angoli quattro scomparti minori con le figure degli evangelisti e due piccoli angeli (opera attribuita da diversi esperti a Giandomenico Tiepolo).
Zianigo
La chiesa parrocchiale, in origine della fine del Quattrocento, come la vecchia canonica, fu trasformata completamente nel Settecento e decorata con affreschi di Giandomenico Tiepolo riquadrati da stucchi nel 1799. Nel 1893 l’edificio venne ampliato sulla fronte, spostando di parecchi metri la facciata, e rinnovato internamente. In quell’occasione presero il volo, con molta probabilità, alcuni affreschi di Giandomenico, che decoravano il presbiterio ai lati dell’altare maggiore. Fra gli stucchi settecenteschi si trovano due copie ad olio su compensato di un dipinto del Correggio e del Rubens.
Sul soffitto della nave, Giandomenico ha dipinto nel 1799 un grande affresco rappresentante “La Natività di Maria”, ricco di tutta una simbologia che rievoca la grandezza e la missione della Madonna ai fini del riscatto dell’umanità dal peccato. Nel 1968, con un delicato intervento, la parte originale dell’affresco del soffitto venne staccata, trasportata su tela, reintegrata pittoricamente e ricollocata in sito tesa su di un telaio ligneo. Ora è finalmente possibile gustare il bel soffitto del Tiepolo, una delle ultime fatiche del pittore, nelle forma originaria, recuperato al massimo nei suoi valori cromatici.
All’interno della chiesa sono conservate altre importanti pitture: una tela con “La Madonna in trono e Santi” opera del 1518 di Giovanni Mansueti; una bellissima Pala ad olio di Giandomenico Tiepolo raffigurante “Sant’Antonio da Padova, Gesù Bambino e altri Santi”, dal colore pregno di luce e ricco di delicatezze formali. Si tratta di un’opera dipinta nella villetta di Zianigo nel 1778, circa vent’anni prima di eseguire la faticosa impresa del soffitto. Nella sacrestia è sistemata una piccola pala con “La Madonna ed il bambino che appare a Sant’Antonio”, probabilmente opera della giovinezza di Giandomenico (data però per tradizione al padre Giambattista). Il campanile di Zianigo è una torre medioevale a canna quadrata, che serviva anticamente anche quale posto di osservazione militare e faceva parte di un complesso castellano più vasto demolito nel XV secolo.