Una giornata dedicata a un tema di grande attualità: “La tutela dei minori e delle persone vulnerabili”. La vivrà la nostra diocesi giovedì 2 dicembre in due momenti. Al mattino, nel tempio di San Nicolò, durante l’incontro di formazione per i sacerdoti, interverranno sul tema il vescovo Michele Tomasi, don Gottfried Ugolini, della diocesi di Bolzano- Bressanone, referente per le Chiese del Triveneto del Servizio regionale di tutela per i minori e le persone vulnerabili, e la dott.ssa Lucia Boranga, referente diocesana del Servizio stesso.
Il tema sarà poi ripreso alla sera, con l’intervento degli stessi relatori, in un incontro aperto a tutti, alle 20.30, sempre nel tempio di San Nicolò. All’appuntamento serale sono invitati in modo speciale gli operatori di pastorale, soprattutto quanti hanno responsabilità educative o svolgono nelle nostre comunità e associazioni servizi che hanno a che fare con bambini e ragazzi.
In entrambi gli incontri verrà presentato e ufficialmente avviato il Servizio diocesano di tutela dei minori e delle persone vulnerabili, che fa parte della più vasta rete dei Servizi promossa a livello nazionale e regionale.
“Il contrasto agli abusi in ambito ecclesiastico – osserva Emanuela Vinai, coordinatrice del Servizio nazionale, presentando il Servizio – è un percorso cresciuto con una evoluzione costante nel tempo. Negli ultimi anni si è avuta una crescita della sensibilizzazione e delle azioni messe in campo per promuovere una cultura adeguata e, soprattutto, per prevenire possibili situazioni non corrette”. Una scelta di impegno e di trasparenza abbracciata dalla Chiesa in Italia che ha raccolto l’esortazione di papa Francesco nella lotta agli abusi e si è dotata di strumenti normativi e operativi per un intervento efficace e duraturo.
Nel giorno dedicato a san Giuseppe, sposo di Maria e patrono della Chiesa cattolica, il vescovo Michele ha riconosciuto il ruolo centrale delle famiglie e il loro valore e ha rivolto un appello a sostenerle: “Senza di loro non avremmo potuto sostenere la crisi come abbiamo fatto, come stiamo facendo. Non possiamo chiedere loro soltanto, senza dare nulla in cambio: dobbiamo almeno riconoscerne il valore e metterci insieme, tutti, persone e istituzioni, a loro servizio”. Riflessione che mons. Tomasi ha fatto ieri sera, 19 marzo, nell’omelia della celebrazione eucaristica in cattedrale, in occasione della solennità di san Giuseppe. Un giorno scelto da papa Francesco per dare inizio all’anno “Amoris laetitia”, dedicato all’annuncio del Vangelo della famiglia, secondo la strada tracciata dall’esortazione apostolica che il Papa ha firmato proprio cinque anni fa, nella festa di San Giuseppe, nell’anno della misericordia.
Mons. Tomasi ha ricordato le condizioni nelle quali la festa di san Giuseppe era stata celebrata l’anno scorso, nella cripta della cattedrale, con pochissime persone. “In quel contesto difficile avevo affidato tutta la nostra Diocesi alla protezione e all’intercessione di San Giuseppe, soprattutto perché riconoscevo la necessità di non richiuderci nel limite e nella paura. In San Giuseppe avevo visto quell’intercessione così profondamente umana e forte di cui sentivamo davvero il bisogno, per poter vivere concretamente l’amore che la fede continuava e continua a risvegliare in noi. Soprattutto vedevo la necessità – nel limite di quel confinamento improvviso, di quell’assordante silenzio – di sperimentare la realtà della buona notizia del Vangelo prendendoci realmente cura gli uni degli altri”.
Un affidamento che ieri sera si è ripetuto, recitando insieme – i numerosi concelebranti e i fedeli, quelli presenti e quelli collegati da casa in diretta streaming – una preghiera al santo composta da papa Francesco.
Nella vicenda narrata dall’evangelista Luca – lo smarrimento e il ritrovamento di Gesù dodicenne al tempio di Gerusalemme – mons. Tomasi ha letto una vicinanza con ciò che stiamo vivendo: “Quell’episodio ha creato in loro un dolore e un’angoscia che rende così vicini a noi Maria e Giuseppe alle nostre paure e tribolazioni, alle nostre angosce e fatiche, soprattutto in questo tempo così complicato. Penso alla distanza e all’assenza di tanti che hanno perso i loro cari, o che hanno visto ridurre le loro relazioni vitali, come gli anziani, a casa o nelle case di riposo, e le tante persone che hanno bisogno di intensità di contatto che le norme tendono a impedire. Se Maria e Giuseppe, vicini al Signore Gesù con un legame così speciale e unico, giungono a rimproverarlo per la sua «fuga», noi ci sentiamo meno fragili e deboli, autorizzati in un certo senso a invocarlo con forza, a ricordargli di essere vicino e presente. A continuare a chiedergli aiuto e forza nella prova che ci fa piccoli e sperduti, in questa novità, inaspettata, che ha fatto irruzione nella nostra vita. Novità – ha ricordato il Vescovo – che forse avremmo potuto attenderci con una maggiore attenzione alla verità, alla giustizia sociale, alla salvaguardia del creato, ma che nondimeno ci ha sorpresi e che ancora oggi, a distanza di un anno dal suo inizio, facciamo ancora fatica a comprendere del tutto”.
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Maria e Giuseppe ci danno un grande insegnamento, ha aggiunto mons. Tomasi: “Essi non compresero ciò che aveva detto loro, dice l’evangelista, eppure si rimisero in cammino, riflettendo e pregando su quanto era loro accaduto e ricominciarono la loro vita insieme. La nostra fatica, la paura, anche l’angoscia fanno parte della nostra vita di fronte all’irruzione di eventi improvvisi, ma non sono l’ultima parola, non sono esse a darci il senso della vita. Nel limite, anche nella mortalità della nostra esistenza, siamo chiamati a cogliere il senso del vivere e dell’amare, e a imparare a scoprire nella quotidianità la presenza sempre nuova e vitale di Gesù. Come allora ragazzo a Nazareth, così ora, egli Risorto vive con noi, si mette a nostra disposizione. Come la vita della famiglia di Nazareth, anche la nostra e quella delle nostre famiglie è un compito «artigianale» di costruzione di relazioni buone, di solidarietà fraterna, di cura reciproca. Anche di trasmissione della fede come sostanza, sostegno e forza di vita”.
È papa Francesco che esorta a riprendere cammini fatti di “tenerezza e di coraggio, di realismo e di ascolto della vita concreta delle nostre famiglie, perché possano essere davvero cellule della società e piccole chiese domestiche. Quanta strada – ammette il Vescovo – abbiamo ancora da fare, società e Chiesa, perché questo si realizzi davvero, e perché le famiglie abbiano il sostegno e l’accompagnamento di tutti noi. Sostegno ed accompagnamento di cui hanno bisogno e a cui hanno diritto”.
“È questo – ha concluso mons. Tomasi – il senso dell’anno che inizia proprio oggi, un percorso di ascolto delle esigenze e dei bisogni delle famiglie, perché diventino davvero protagoniste della vita della Chiesa e della società. Le affidiamo all’intercessione tenera e forte di san Giuseppe, Padre dal coraggio creativo”.
Illumina i responsabili del bene comune, perché sappiano – come te – prendersi cura delle persone affidate alla loro responsabilità.
Dona l’intelligenza della scienza a quanti ricercano mezzi adeguati per la salute e il bene fisico dei fratelli.
Sostieni chi si spende per i bisognosi: i volontari, gli infermieri, i medici, che sono in prima linea nel curare i malati, anche a costo della propria incolumità.
Benedici, san Giuseppe, la Chiesa: a partire dai suoi ministri, rendila segno e strumento della tua luce e della tua bontà.
Accompagna, san Giuseppe, le famiglie: con il tuo silenzio orante, costruisci l’armonia tra i genitori e i figli, in modo particolare i più piccoli.
Preserva gli anziani dalla solitudine: fa’ che nessuno sia lasciato nella disperazione dell’abbandono e dello scoraggiamento.
Consola chi è più fragile, incoraggia chi vacilla, intercedi per i poveri.
Con la Vergine Madre, supplica il Signore perché liberi il mondo da ogni forma di pandemia.
Amen.
(Papa Francesco, videomessaggio del 19 marzo 2020)