Un’esperienza di bellezza gli incontri di “Chiese aperte per Dante”. A San Francesco il commento spirituale del Vescovo al canto XI del Paradiso

Una “esperienza di bellezza”: questo è stato domenica sera, 26 settembre, l’appuntamento con la cultura e la spiritualità nella Chiesa di San Francesco, a Treviso. Una serata dedicata a Dante Alighieri e a San Francesco d’Assisi, promossa nell’ambito di “Chiese aperte per Dante” a 700 anni dalla norte del grande poeta. Il giorno prima, sabato, c’è stato il successo delle letture dantesche tra musica (grazie al Conservatorio “Steffani” di Castelfranco Veneto) e arte a cura dei volontari di “Chiese aperte – Treviso”, che si sono svolte in cinque tra le più belle chiese cittadine, con la partecipazione di una cinquantina di persone ad ogni appuntamento. La domenica, poi, la lettura del “canto di Francesco” tratto dal canto XI del Paradiso. Dopo il saluto di don Paolo Barbisan, direttore dell’ufficio diocesano per i Beni culturali, l’introduzione alla serata dell’attore Davide Stefanato e la lettura del canto curata dall’attore Jgor Barbazza. A punteggiare la serata gli interventi di Kalicantus ensemble diretto dal maestro Stefano Trevisi, che ha illustrato ai presenti il percorso e il significato delle scelte musicali.

Il commento spirituale al canto XI del Paradiso era affidato al vescovo, Michele Tomasi, che non ha nascosto la sua commozione per essere tornato a parlare in pubblico dopo oltre tre mesi dal suo incidente.

Mons. Tomasi ha sottolineato la doppia “identità” di Dante, poeta e teologo, mettendo in luce l’unitarietà dei due aspetti, perché “bellezza e verità, ragione e sentimento, cielo e terra” non dovrebbero essere separati tra loro, perché “le separazioni feriscono il reale, e impediscono di vivere la vita come un cammino”.

Quel cammino – pellegrinaggio dell’esistenza che è il grande tema della Commedia dantesca, come “ricerca di ciò cui aspira il desiderio dell’uomo, ricerca della felicità”.

“Il poeta ci fa volare alto ma non ci rapisce lontano dalla nostra realtà. Egli ci dice, in fondo, che se gli umani non volano alto essi non volano affatto, si impantanano in cose vuote e alla fine sbattono a terra, rovinosamente. Per non “battere in basso l’ali” dobbiamo cercare sempre e comunque la prospettiva, le ragioni, l’evidenza e i sentimenti dell’amore. Quello pieno, definitivo, incondizionato. L’amore di Dio. L’amore che è Dio. L’amore di cui siamo impastati, grazie al quale e in vista del quale noi esistiamo” ha ricordato il Vescovo.

Mons. Tomasi ha tratteggiato la figura del santo di Assisi mettendo in luce la storia d’amore tra Francesco e Madonna Povertà. Povertà che è uno stile di vita per Francesco, a imitazione di Cristo. “Nei secoli intercorsi tra i due non si presentò nessuno che volesse in sposa la povertà. Nessuno riuscì ad imitare pienamente Cristo”. Un romanzo d’amore, quello di Francesco con la povertà, vissuto per amore del Signore, una vita che diventa attraente per altri, i suoi frati prima di tutto, in una corsa a imitare Francesco: “Nel bene possiamo gareggiare e vincere tutti, vincere insieme” ha ricordato il Vescovo.

Nella povertà Francesco dimostra la sua regalità. “Ecco il paradosso grande della legge della croce, il contenuto più profondo della sua «imitazione di Cristo» – ha ricordato mons. Tomasi – fino a ricevere le stimmate, i segni “crudi e gloriosi” della passione di Cristo. “Giunto ormai al cospetto di “sora nostra morte corporale” Francesco può, lui assolutamente povero, lasciare ai suoi l’eredità più ricca, Madonna povertà. Ancora una volta il paradosso della croce, il paradosso dell’amore”.

“Dante ha visto anche questo in San Francesco – ha concluso il Vescovo -, anche questo egli ha donato all’umanità con la sua penetrazione psicologica, il suo sguardo di fede, la sua poesia. E questo egli rilancia e consegna alla nostra vita, alla relazione con tutte le creature, ad ogni momento della nostra esistenza”.

Il commento spirituale del Vescovo al canto XI del Paradiso