“Andate in Galilea… là mi vedrete” è il tema della Veglia diocesana di preghiera per le vocazioni, presieduta dal Vescovo, che si terrà sabato 27 maggio, dalle 20.30, nella cattedrale di Treviso. A promuoverla, insieme al Centro diocesano vocazioni, l’ufficio diocesano di Pastorale giovanile e “Vita con vita”.
Riflessione del direttore del Centro diocesano Vocazioni, don Giancarlo Pivato:
Il dono dell’ordinazione presbiterale di tre giovani del nostro Seminario e la prossima Veglia diocesana per le vocazioni diventano occasione per accompagnare con la preghiera anche i lavori, già iniziati nelle Chiese locali, del prossimo Sinodo dei Vescovi che riguarda proprio la fede e le scelte vocazionali dei giovani. Con la decisione di convocare l’Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi nell’ottobre del 2018 sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, il Papa ha invitato tutta la Chiesa a prendere a cuore la realtà dei tanti giovani che stanno cercando la strada verso la propria realizzazione in un mondo alle prese con diversi cambiamenti antropologici e culturali nei quali giocarsi la felicità di una vita.
Leggendo il documento preparatorio (DP) del Sinodo emerge come la preoccupazione del Papa non è immediatamente quella di rispondere allo svuotamento dei Seminari e degli Istituti religiosi, o al calo del matrimonio cristiano, quanto di aiutare i giovani a «non rimanere all’infinito nell’indeterminazione», ma a rischiare nel compiere scelte coraggiose, capaci di far sognare e di rendere la vita un dono. Il contenuto del documento si può sintetizzare in cinque punti.
Accompagnare i giovani. L’obiettivo generale del percorso sinodale emerge nelle prime battute del testo: «La Chiesa ha deciso di interrogarsi su come accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza». Questa intenzione diventa l’occasione per rivolgere ai giovani una richiesta di aiuto a «identificare le modalità più efficaci per annunciare oggi la Buona Notizia». La domanda sull’accompagnamento dei giovani alle scelte fondamentali della vita non nasce dalla generica esigenza su come trasmettere la fede ai giovani, o su come lenire alcune istanze da loro indicate (solitudine, dolore, ingiustizia…), ma ha il suo fondamento nel desiderio della Chiesa di «incontrare, accompagnare, prendersi cura di ogni giovane, nessuno escluso. Non possiamo né vogliamo abbandonarli alle solitudini e alle esclusioni a cui il mondo li espone. Che la loro vita sia esperienza buona, che non si perdano su strade di violenza o di morte, che la delusione non li imprigioni nell’alienazione: tutto ciò non può non stare a cuore a chi è stato generato alla vita e alla fede e sa di avere ricevuto un dono grande».
Dare ascolto ai giovani. La condizione perché si realizzi questo obiettivo è che le generazioni adulte che occupano spazi di potere e di leadership si lascino mettere in discussione rispetto alla capacità concreta di fare spazio e dare ascolto ai più giovani.
Essere giovani oggi. Lo scenario nel quale innestare il percorso di ascolto dei giovani non può prescindere da una chiara consapevolezza delle istanze antropologiche, culturali e sociali del mondo giovanile. Il documento non dà una sintesi esaustiva del mondo giovanile, né offre un’indagine particolare sulla realtà sociale dei giovani, ma offre un quadro di riferimento per il quale «tutti i giovani, nessuno escluso» è oggetto della cura pastorale della Chiesa, i giovani che già conoscono il Vangelo di Gesù, quelli che lo hanno dimenticato e quelli ai quali la notizia di Cristo non è mai giunta. Il Papa invita la Chiesa universale a comprendere il contesto sociale connotato da trasformazione, fluidità e incertezza senza pregiudizi valutativi e con spirito di simpatia verso l’umanità odierna. Un dato significativo è rappresentato dall’aumentare delle differenze tra le generazioni: «chi è giovane oggi vive la propria condizione in un mondo diverso dalla generazione dei propri genitori e dei propri educatori».
L’accompagnamento alle scelte vocazionali deve, quindi, fare i conti con questo fattore e incentivare l’appropriarsi di «adeguati strumenti culturali, sociali e spirituali perché i meccanismi del processo decisionale non si inceppino e si finisca, magari per paura di sbagliare, a subire il cambiamento anziché guidarlo».
Quale vocazione? Francesco nel parlare di vocazione segnala come vada intesa come chiamata fondamentale all’amore, che si compie all’interno di una particolare forma di vita. Questo modo di intendere la vocazione è innestato dentro la prospettiva di fede per la quale «la libertà umana, pur avendo bisogno di essere sempre purificata e liberata, non perde tuttavia mai del tutto la radicale capacità di riconoscere il bene e di compierlo».
Il discernimento vocazionale. In continuità con il precedente Sinodo dei Vescovi papa Francesco propone nella sapienza della Chiesa il metodo del discernimento, nell’intento di valorizzare tutte le capacità e le facoltà della persona e sottraendo il momento della scelta vocazionale, da una parte alla logica della convenienza, e dall’altra allo spontaneismo che istituisce l’istanza emotiva come movente della scelta vocazionale. Il DP scandisce i passi del discernimento attraverso i tre verbi con cui lo descrive il n. 51 dell’esortazione Evangelii Gaudium: riconoscere, interpretare e scegliere.
Accogliamo nella preghiera l’invito del Papa a sperimentare anche nella nostra Chiesa di Treviso sentieri e percorsi nuovi nei quali poter accompagnare i giovani a diventare persone realizzate e felici di essere discepoli di Cristo: «La parola l’ho detta tante volte: rischia! Rischia. Chi non rischia non cammina. “Ma se sbaglio?”. Benedetto il Signore! Sbaglierai di più se tu rimani fermo, ferma: quello è lo sbaglio brutto, la chiusura. Rischia. Rischia su ideali nobili, rischia sporcandoti le mani, rischia come ha rischiato quel samaritano della parabola. […] Rischia! E se sbagli, benedetto il Signore. Rischia. Avanti!» (Francesco, Visita a Villa Nazareth, 18 giugno 2016).