“Accogliamo i fratelli migranti cattolici”: lettera aperta alle nostre comunità

Ricordiamo ancora il vuoto nel quale abbiamo celebrato la Pasqua 2020. Quest’anno, pur con le limitazioni dovute al contrasto della pandemia ancora in corso, riusciremo, ringraziando Dio, a celebrar Pasqua come assemblea. Vi sono tuttavia alcune comunità nella nostra Diocesi che per la seconda volta consecutiva non potranno celebrare la Pasqua in presenza. Si tratta delle comunità cattoliche di migranti, le quali si radunano in alcune chiese del territorio e risiedono in gran parte in altri comuni, i cui confini non possono essere superati soprattutto in zona rossa. Non si sono potuti incontrare a celebrare insieme l’eucaristia a Natale e non potranno farlo neppure a Pasqua. Sono comunità di provenienza nigeriana, ghanese, filippina, brasiliana, polacca, di alcuni stati francofoni dell’Africa occidentale, di alcuni stati dell’America Latina, i greco-cattolici dalla Romania e dall’Ucraina. Altre comunità, come quelle indiana, srilankese, cinese, da tempo non celebrano l’eucaristia perché i preti che dovevano prendersene cura sono rimasti bloccati nei rispettivi paesi, sempre a causa della pandemia.

Abbiamo invitato coloro che appartengono a queste comunità a partecipare alla celebrazione della Pasqua nelle parrocchie in cui risiedono, come è consentito. Forse alcuni già li conoscete, forse altri si accosteranno alle celebrazioni parrocchiali. Forse su molti influirà la paura del contagio, come su tanti cristiani delle nostre comunità. Vi chiediamo, per quanto possibile, di avere un’attenzione particolare per questi nostri fratelli e sorelle: abbiamo provato sulla nostra pelle cosa significhi non poter celebrare l’eucaristia in assemblea e quanto questo ci sia pesato, soprattutto nella festa più importante, la Pasqua.  Vi chiediamo di ricordarli nella preghiera, nel cammino lungo e non sempre semplice di inserimento in una Chiesa e in una liturgia che si esprime con una lingua diversa e con un diverso stile. E preghiamo pure perché questa Pasqua possa diventare occasione di incontro e di fraternità anche con loro: un piccolo segno di risurrezione, che porti frutto nel cammino di tutta la nostra Chiesa diocesana.

don Bruno Baratto e coloro che seguono le comunità cattoliche di migranti