Cammino sinodale: l’incontro necessario

Un incontro affollatissimo, iniziato in ritardo per la necessità di accogliere e far accomodare più persone possibile, in ogni angolo della cattedrale. Mercoledì 15 marzo l’appuntamento con fratel Enzo Bianchi, fondatore e già priore della comunità di Bose, ha radunato moltissime persone a Treviso, da ogni angolo della diocesi, per un tema, “La centralità di Gesù Cristo e della relazione con lui nella comunità cristiana” che è stato pensato in sintonia con il percorso del Cammino Sinodale Diocesano.
“L’obiettivo che ci siamo prefissati con il Cammino Sinodale – ha ricordato il Vescovo – è fare in modo che la conoscenza e la centralità di Gesù siano più vive nella nostra vita e in particolare nella vita delle persone adulte. Una centralità che diamo spesso per scontata, da rischiare che diventi, se non irrilevante, un po’ sbiadita, non incisiva nella nostra vita. Noi invece vogliamo sentire con convinzione profonda che c’è la fede e c’è l’incontro con Gesù nella nostra vita e che la comunità cristiana si costruisce intorno a Gesù” ha sottolineato il Vescovo ricordando un passo della Evangelii Gaudium, nel quale papa Francesco, parlando dell’evangelizzazione, dice che “non è la stessa cosa aver conosciuto Gesù o non conoscerlo, non è la stessa cosa camminare con lui o camminare a tentoni, non è la stessa cosa poterlo ascoltare o ignorare la sua Parola, non è la stessa cosa poterlo contemplare, adorare, riposare in lui o non poterlo fare, non è la stessa cosa cercare di costruire il mondo con il suo vangelo piuttosto che farlo unicamente con la propria ragione. Sappiamo bene che la vita con Gesù diventa molto più piena e che con lui è più facile trovare il senso di ogni cosa”.

Il Vangelo è Gesù e Gesù è il Vangelo
Commentando il brano del Vangelo di Marco sul primo atto di fede dei discepoli (“Ma voi chi dite che io sia?”. Pietro gli rispose: “Tu sei il Cristo”), Bianchi ha ricordato il percorso che la nostra Chiesa trevigiana sta facendo, definendolo “via efficace, ecclesiale per eccellenza, un camminare insieme verso il Regno di Dio, ma nella compagnia degli uomini, in mezzo all’umanità in cui la Chiesa è stata posta per poter annunciare la grande speranza che è Gesù Cristo”.
Ma per poter essere dei discepoli di Gesù Cristo e per annunciarlo è necessario incontrarlo, conoscerlo e amarlo – ha ribadito Bianchi -. “Non un’idea filosofica, un’etica, una dottrina o una spiritualità possono renderci cristiani, ma soltando l’incontro personalissimo con Gesù, che incontriamo nel Vangelo, che è parola di Dio vivente, suo figlio, è Gesù Cristo, e Gesù Cristo è il Vangelo, la buona notizia della salvezza data da Dio a tutta l’umanità”.
Il Vangelo, allora, è l’annuncio al quale il discepolo è chiamato ad aderire, credendo che il Vangelo è Gesù. Un Gesù uomo come noi, nato da Maria per opera dello Spirito Santo, che ha predicato facendo il bene, ma poi è stato condannato e ucciso, è morto sulla croce, nella nostra storia, il 7 aprile dell’anno 30. I discepoli che lo hanno accompagnato e seguito hanno potuto fare esperienza di lui come vivente, risorto, un’esperienza che noi non possiamo fare. Ascoltando la testimonianza di quei discepoli, però, siamo i “beati” che, pur non avendo visto, credono, perché attraverso la fede possiamo fare esperienza della sua presenza vivente per sempre.

Parola incarnata, umanizzata
Gesù, nel prologo del Vangelo di Giovanni, è attestato come la Parola con cui è stato creato il mondo, che è venuta nel mondo come Parola di Dio, ma umanizzandosi. “Una parola che si è fatta carne, cioè umanità, la nostra umanità, fragile, limitata, soggetta alla sofferenza, alla morte. Ecco l’incarnazione, oggi diremmo l’umanizzazione di Dio” ha sottolineato fratel Enzo, ricordando che “essere cristiani è accogliere un Dio che si è fatto uomo, un Dio che nessuno aveva mai visto e che ha accettato di rivelarsi nel figlio, in Gesù Cristo, perché noi uomini non avremmo potuto reggere la vista di un Dio trascendente, ma siamo, invece, capaci di guardare nel volto di un altro uomo: ecco perché Dio si è fatto uomo in Gesù, immagine del Dio invisibile, che potremo vedere faccia a faccia solo dopo la morte”.

Il mistero dell’incarnazione
L’esistenza umana di Gesù, quindi, altro non è se non il racconto stesso di Dio, le cui tracce sono in questa nostra umanità, il racconto della sua misericordia.
“Prima di Gesù si poteva cercare Dio per vie diverse (per il suo popolo era la rivelazione fatta ad Abramo, a Mosè e ai profeti), ma dopo la venuta di Gesù, l’unica via per arrivare a Dio è Gesù, vero Dio e vero uomo” ha ribadito Bianchi specificando che nella storia, e anche oggi, “fa scandalo, anche per i cristiani, l’umanità di Dio”. Siamo chiamati ad accogliere tutto il mistero dell’incarnazione, anche il “fallimento” della passione e della morte in croce di Gesù. E’ più difficile credere al Cristo vero uomo, al mistero dell’incarnazione, che al Cristo vero Dio. Tuttavia, proprio attraverso l’umanità di Cristo si può giungere oggi alle tante persone indifferenti dal punto di vista religioso.
L’ex priore di Bose ha poi parlato del modo attraverso il quale Gesù si avvicina ai fratelli, alle altre persone, soprattutto ai più poveri, ai peccatori, agli emarginati, ricordando che come cristiani non possiamo amare Dio che non vediamo e non amare i fratelli che Lui ci ha posto accanto, con la fede, la speranza e la carità che ci vengono dal Vangelo, da Gesù Cristo.

L’amore ha vinto la morte per sempre
Bianchi ha insistito molto anche sull’ascolto della Parola, del Vangelo, seppur  per pochi minuti al giorno. Una pratica che, come ci sollecita a fare papa Francesco, ci plasma, ci scava dentro e lascia spazio a Gesù, facendoci discepoli, non militanti, capaci di vivere con il suo stile e di proclamare la sua morte e risurrezione, in un annuncio fondato. “La morte non è l’ultima parola – ha ribadito – perché la morte può essere contrastata e vinta dall’amore. E’ la buona notizia pasquale: l’amore ha vinto la morte. Gesù è morto, ma quella sua vita, trascorsa nell’amore, il Padre doveva richiamarla alla pienezza, vincendo la morte per sempre. Ecco perché Gesù è risuscitato: perché aveva amato fino alla fine e perché l’amore è l’unica forza che si oppone alla morte ed è in grado di vincerla”. E’ il messaggio che può parlare a tutti gli uomini, anche ai non credenti, in un dialogo e in un cammino di evangelizzazione, di noi stessi e degli altri, che mette al centro Gesù, una figura che, proprio in virtù della sua umanità, non lascia indifferenti gli uomini e le donne di oggi.

(Alessandra Cecchin)