In cattedrale una pala moderna per celebrare i santi trevigiani della carità vissuti tra ‘800 e ‘900

Una nuova opera d’arte che celebra la carità e i santi e beati trevigiani che l’hanno vissuta tra Ottocento e Novecento. E’ la pala d’altare che sarà inaugurata mercoledì 2 ottobre, alle 18.45 in cattedrale, da mons. Gianfranco Agostino Gardin, amministratore apostolico della diocesi di Treviso. L’opera è dipinta dall’artista Safet Zec, artista bosniaco, italiano di adozione, riconosciuto dalla critica internazionale tra i massimi interpreti di un figurativo visionario e poetico.

L’inaugurazione è aperta a tutti coloro che desiderano partecipare.

La chiesa cattedrale, chiesa del Vescovo, chiesa madre di tutte le chiese della diocesi, è la custode dei simboli e dei santi della storia di una diocesi. Essa è cambiata nei secoli, poiché ogni epoca vi ha lasciato un’impronta e segni ancora leggibili a cominciare dal primo battistero, all’altare della confessione dei protomartiri Teonisto, Tabra e Tabrata, dalla cripta all’arca del beato Enrico divenuta altare, dalle tombe dei vescovi alle testimonianze dell’arte e delle forme della devozione che i fedeli quotidianamente esprimono nei confronti della Vergine e dei santi che vi sono venerati.

In questa lunga storia di fede e devozione troverà il suo posto la pala dell’artista Safet Zec, celebrativa dei santi della Chiesa di Treviso, vissuti tra Ottocento e Novecento, che mons. Gardin inaugurerà il prossimo 2 ottobre, alle ore 18.45 in cattedrale. Saranno rappresentati S. Pio X e i vescovi S. Giovanni Antonio Farina e il beato Andrea G. Longhin, e poi S. Maria Bertilla, suora dorotea, e S. Giuseppina Bakhita, canossiana; infine, il beato Giuseppe Toniolo. Tutti protagonisti e interpreti con le loro vite, in diversi ambiti e con i loro carismi, della carità evangelica.

 

L’artista

Pittore e incisore, Safet Zec nasce nel 1943 a Rogatica, in Bosnia-Erzegovina. Dopo gli studi compiuti alla Scuola di Arti Applicate di Sarajevo e all’Accademia di Belle Arti di Belgrado, Zec diventa la figura centrale del movimento artistico chiamato Realismo poetico.

Vive e lavora a Belgrado fino al 1989. Nei primi anni Novanta è uno degli artisti più importanti del suo paese e lo rappresenta alle maggiori esposizioni internazionali. Negli anni che seguono è di nuovo a Sarajevo, fino al 1992 quando, a causa dalla guerra che colpisce la ex Jugoslavia, è costretto a lasciare il proprio paese e arriva in Italia, prima a Udine e poi a Venezia, che diventa per lui una seconda patria. Ha il suo studio, infatti, vicino alla chiesa di San Francesco della Vigna. Espone in Italia, in Europa e negli Stati Uniti, con oltre 100 mostre all’attivo. Dalla fine del conflitto nei paesi della ex Jugoslavia, Zec ha ripreso un’assidua frequentazione con la sua terra. Lo Studio-Collezione Zec, nel cuore di Sarajevo, è stato riaperto ed è divenuto un centro di iniziative culturali, oltre che sede espositiva delle sue opere. Oggi Safet Zec vive ed opera tra Sarajevo, Pocitelj, Venezia e Parigi.