Cammino sinodale: nei vicariati “esercizi di sinodalità”

In queste settimane si sono svolte le prime Assemblee Sinodali Vicariali. Ad esse farà seguito un secondo “giro”, previsto tra fine maggio e inizio giugno, dopo la seconda Assemblea Sinodale Diocesana di sabato 6 maggio. In questa prima “tornata” si è realizzata anzitutto una ricca e partecipata esperienza di Chiesa, cioè un vero e proprio esercizio di sinodalità. In molti l’hanno apprezzata e hanno espresso gratitudine per il coinvolgimento diretto. Dai 14 Vicariati sono pervenuti numerosi “suggerimenti” per approfondire le tre “situazioni” scelte lo scorso 18 febbraio (le fatiche e le risorse delle famiglie; la fede vissuta nella quotidianità della vita; i poveri e le nostre comunità cristiane). Essi possono essere raggruppati attorno ad alcune sottolineature comuni.

Camminare insieme con le famiglie

Una prima sottolineatura riguarda l’importanza della famiglia per l’evangelizzazione, a partire dalla scoperta del dono ricevuto nel sacramento. Ad esempio, un Vicariato suggerisce di «avviare dei percorsi che aiutino le coppie a scoprire la grazia del sacramento del matrimonio, in modo tale da iniziare a progettare e fare pastorale non solo per le famiglie, ma con le famiglie» (Vicariato di Noale). Un altro Vicariato si “spinge” oltre, suggerendo di «passare dalla catechesi dei bambini alla evangelizzazione degli adulti, investendo e rischiando sulla risorsa che è in sé la famiglia e mettendo al centro il Vangelo» (Vicariato di Mogliano Veneto). Al di là delle singole affermazioni, viene riconosciuto un ruolo centrale alle famiglie per un rinnovato annuncio del Vangelo.

La domanda di relazioni vere

Circa il tema della fede vissuta nella quotidianità, una delle sottolineature più ricorrenti riguarda l’esigenza di tornare all’essenziale, che è Gesù, sapendo riconoscere anche le sue “tracce” sparse negli ambiti ordinari della vita. Si suggerisce, ad esempio, che gli adulti diventino maggiormente «capaci di relazioni significative, capaci di vedere il bene che c’è fuori dalle strutture abituali, capaci di ascoltare, narrare e condividere» (Vicariato di Paese). Un vicariato suggerisce di «non parlare tanto di testimonianza, che è difficile, ma vivere l’esperienza di fede con sobrietà, tendendo all’essenziale» (Vicariato di Montebelluna).
«I poveri ci evangelizzano»

Infine, la relazione con i poveri è percepita come un effettivo “test” dell’esperienza di fede: «I poveri ci evangelizzano in quanto rivelano la fatica della comunità cristiana a condividere spazi, tempo, strutture, mettendo a nudo l’incapacità di relazioni autentiche ed evangeliche» (Vicariato di Monastier). Le fatiche nascono spesso dalla paura: «Lasciarci evangelizzare dai poveri ci spaventa, perché presuppone il nostro metterci in gioco» (Vicariato Urbano). Per superare l’atteggiamento della delega si suggerisce di curare la formazione, ma anche delle «opere-segno e un utilizzo coraggioso delle strutture che le parrocchie hanno a disposizione» (Vicariato di Camposampiero).
Tutti questi “suggerimenti” confluiranno nel secondo Strumento di lavoro, in fase di elaborazione, in vista dell’Assemblea di sabato 6 maggio, chiamata a riconoscere «ciò che lo Spirito dice» (Ap 2,7) alla nostra Chiesa diocesana in questo tempo.
don Stefano Didonè, Segretario del Cammino Sinodale