Erano molti quest’anno i pellegrini che dalla nostra diocesi hanno partecipato alla celebrazione per la Tredicina di Sant’Antonio, accompagnati da una trentina di sacerdoti. Una circostanza che il vescovo Michele non ha mancato di sottolineare nel suo saluto, lunedì 7 giugno: “E’ bello ritrovarci finalmente in tanti, in questa basilica, in questo pellegrinaggio, alla tomba di Antonio, con la prudente speranza e la forza che ci chiedono di prenderci cura gli uni degli altri”. Con mons. Tomasi hanno concelebrato il vescovo emerito di Treviso, mons. Gianfranco Agostino Gardin, e padre Oliviero Svanera che ha accolto i pellegrini trevigiani e ha ringraziato tutti per la presenza, la preghiera e la partecipazione a questo appuntamento.
Nella sua omelia mons. Tomasi ha riflettuto sul periodo della vita in cui Antonio si trovava a vivere, frate allora umile e sconosciuto, nell’eremo di Montepaolo vicino a Forlì. “E’ nella pace di quel silenzio che è maturata la sua parola, nutrita di quella di Dio e scaturita dall’esperienza di contemplazione del Signore. La grande luce portata al mondo da Sant’Antonio è sicuramente quella di una parola autorevole, di un insegnamento che toccava i cuori, di una vita coerente con quella parola da lui proclamata, perché modellata dalla consuetudine amorosa con la Parola di Dio, con «il Verbo che si fece carne e venne ad abitare tra noi»”.
Questo momento della vita di Antonio può insegnare molto anche a noi: “Possiamo imparare anche noi da quest’esperienza di silenzio del Santo – ha sottolineato il Vescovo -, noi che viviamo in un tempo che non sa abitare il silenzio. Lo avevamo subìto nella prima fase del confinamento, durante la pandemia. Riflettevo, allora, su un silenzio che ci stava colpendo e sorprendendo nelle strade vuote, un silenzio che non doveva però farci credere di essere isolati dagli altri, perché non incontrarsi non significa di per sé restare soli. Per me essere soli significa non sentirsi parte di relazioni significative, non pensati, non visti, non amati. E riflettevo ancora che nel silenzio possiamo iniziare a cogliere una presenza: forse ci fa paura all’inizio, forse scopriamo che si agitano in noi tante cose che ci disturbano, che ci inquietano. Ma possiamo anche sentire la presenza dello Spirito che abita in noi. Soltanto dal silenzio autentico può nascere una parola che non sia chiacchiera. Non dovremmo avere paura del silenzio, eppure facciamo di tutto perché ci sia sempre del suono nella nostra giornata, fosse anche del rumore”. L’invito quindi a riscoprire sull’esempio di Antonio il silenzio e la preghiera per essere “sale della terra e luce del mondo”. Durante la celebrazione non sono mancati il ricordo e la preghiera per le famiglie e per quanti vivono momenti di difficoltà e sconforto a causa della crisi pandemica. Infine, dopo la testimonianza della numerosa famiglia padovana composta da Anna, Lorenzo e dai loro sei figli, il vescovo Michele insieme ai celebranti si è recato alla tomba del Santo per portare, attraverso una carezza, la devozione e l’affetto di tutta la diocesi. (P.G)